venerdì 5 febbraio 2010

storia di barbie

La bambola Barbie ha compiuto 50 anni l'anno scorso e la sua fama ha raggiunto praticamente ogni landa del pianeta. I numeri sono impressionanti: dal 1959 la Mattel ha prodotto quasi un miliardo di esemplari. Come ogni star che si rispetti, anche Barbie non ha un passato specchiato: è nata in Germania, il suo primo nome è Lilli ed è destinata a un pubblico maschile adulto. Ma l'incontro con l'industria americana è l'inizio di una nuova vita. Lo scopo è renderla indispensabile per qualunque teenager. Corredata di abitini alla moda, ha una missione ben precisa: accompagnare le bambine verso l'età adulta proponendo un modello "perfetto" di femminilità. Eppure nell'America degli anni Cinquanta Barbie non attira molte simpatie: manca di classe e distinzione. Per rimediare la Mattel si ispira agli indiscussi modelli dell'eleganza mondiale: splendidamente abbigliata, Barbie scimmiotta Jacqueline Kennedy e l'alta moda parigina. I tempi cambiano in fretta, e con loro i modelli di femminilità: Barbie prima va al college, poi si dedica alla preparazione di nozze magnifiche e sempre rimandate, infine rinuncia alle arie da signorina del bel mondo per avvicinarsi alla fascia medio-bassa delle sue potenziali clienti e inaugura una linea cheap nell'aspetto e nel prezzo.
Di quanti significati è stata caricata la povera Barbie nel corso dei decenni passati, e tuttora! Eppure io ho amato le 3 Barbie che ho posseduto da bambina (Barbie Superstar, Barbie Tennis e una simil-Barbie acquistata al mercato), ho tagliato e cucito vestitini per loro utilizzando la fantasia e le stoffe di scarto a mia disposizione, ho utilizzato scatoloni di cartone e pezzi di legno al posto delle case rosa che non ho mai avuto, ho dato loro un nome e una personalità secondo i miei desideri, del tutto incurante degli "scopi e degli obiettivi" che secondo l'autrice di questo libro la Mattel avrebbe avuto. E dato che tutt'oggi le conservo gelosamente in soffitta, sono inorridita nel leggere delle sevizie a cui certi bambini le sottoporrebbero...
Penso sia esagerato sostenere che il fine di Barbie fosse indottrinare le ragazzine con gli ideali della mistica della femminilità. Molto più semplicemente credo che la bambola fosse uno specchio dei tempi, per cui riproponeva questo stereotipo anche nel gioco. E in effetti è singolare vedere come 30 anni dopo siano le stesse femministe a difendere Barbie contro gli attacchi dei nuovi fondamentalisti religiosi, segno che forse il problema non era la bambola in sé, quanto l'ambiente da cui traeva il modello.

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