mercoledì 28 luglio 2010

il villaggio dei libri


Mentre mi stavo organizzando le sempre più prossime vacanze (Galles e Inghilterra sud-occidentale), con l'aiuto di guide e siti web, mi sono imbattuta nel villaggio di Hay-on-Wye, al confine fra Galles e Herefordshire. La cittadina dei libri. E naturalmente non potevo non inserire necessariamente questa tappa nel mio itinerario.
Il villaggio ha poco più di 1800 abitanti, ma ospita una quarantina di librerie, soprattutto di libri usati, di tutte le dimensioni e di tutte le specializzazioni. Caratteristica, questa, che ha fatto conoscere Hay-on-Wye in tutto il mondo come meta privilegiata per gli appassionati di libri.



A Hay-on-Wye esiste anche un castello che vanta origini antichissime, anche se quello che si vede oggi risale all’inizio del ‘600 ed è ciò che resta dopo un paio di disastrosi incendi. Testimonia tuttavia il passato glorioso di una cittadina che fino a pochi decenni fa era semi-sconosciuta anche agli stessi inglesi. Oggi invece è diventata una meta turistica grazie a un mercato che da queste parti è sempre stato assai più florido che da noi: quello dei libri usati.
Esiste una libreria persino nell’ala ancora abitabile del castello, di proprietà di Richard Booth, colui che alla fine degli anni ‘60 ebbe l’idea di trasformare questo sperduto villaggio gallese nella capitale del libro usato. Questo eccentrico signore, nell'aprile del 1977 si autoproclamò re di Hay-on-Way, con tanto di corona e manto d’ermellino, un gesto che gli assicurò l’attenzione della stampa non solo britannica e contribuì a promuovere ulteriormente il villaggio come meta turistica.
Bisogna salire su di un treno, dalla stazione londinese di Victoria, diretto al Brecon Beacons National Park, nel Galles nord orientale. Scendere all'ultima fermata, quella di Abergavenny. Il paesaggio è "lo sfondo" di un dipinto del pittore settecentesco Joseph Malord William Turner: la verde campagna ondulata, punteggiata da spettrali cattedrali gotiche diroccate, avvolte da nubi, siepi di carpine che dividono i pascoli, centinaia, migliaia di pecore così intente a brucare da sembrare statuine.

Al centro di questo scenario fiabesco, c'è il villaggio di Hay on Way, Hay sul fiume Way, il corso d'acqua marrone che segna il confine naturale tra il Galles e la mal sopportata Inghilterra, all'ombra delle cupe - lo dice anche il nome - Black Mountains. Arroccato alle pendici di un diroccato castello medioevale, dal lontano 1961, Hay on Way, è la book town, la città del libro per antonomasia, ci sono più di 50 librerie per poco più di 700 abitanti. E un festival, il primo inventato in Europa, che richiama scrittori da tutto il mondo, in programma dal 22 maggio al 1° giugno.

La pazza idea di far convogliare in questo angolo sperduto della Gran Bretagna un manipolo di librai-sognatori venne a mister Richard Booth che, riposta nel cassetto la laurea presa ad Oxford, si innamorò di questo luogo incantevole. Fece qualche giro di telefonate ai librai di mezzo mondo, e riuscì a convincere un primo sparuto manipolo di impavidi venditori di storie a trasferire i loro bagagli e cassettoni in Galles.
Un'operazione a metà tra il commerciale e il sentimentale, assurta agli onori della cronaca mediatica mondiale quando il vulcanico Richard si spinse persino a proclamare simbolicamente l'indipendenza di Hay-on-Way, facendosi incoronare come sovrano della repubblica del libro, con tanto di scettro, mantello in porpora e corona. Lo si può incontrare nel suo negozio, tutto in legno, il più grande al mondo per libri usati, al n. 44 di Lion Street dove migliaia di volumi sono accatastati gli uni sopra gli altri, piramidi che rischiano di crollare da un momento all'altro.

Ad Hay-on-Way, bisogna munirsi di mappa segnalibro, per quella sorta di caccia al tesoro o meglio alla libreria preferita nella quale si finisce inevitabilmente per essere coinvolti.. Qui, infatti, si possono trovare testi di qualsiasi genere. Se prediligete il genere del "giallo", il posto che fa per voi si chiama Murder and Mayhem al numero 5 di Lyon Street, dove anche i proprietari hanno un che di sinistro nello sguardo torvo e le domande sospettose che rivolgono agli avventori.

I collezionisti di volumi illustrati di antiquariato si segnino invece questo indirizzo: Mark Westwod in High Town, dove c'è da uscirne pazzi tanto ricca è la scelta e la cultura del titolare. Lo riconoscete dagli occhialini tondi piantati sul naso e il papillon sempre perfettamente posizionato sotto il mento. Da Rose's Book al 14 di Broad Street, si incontrano prevalentemente nonni in cerca di libri di favole, l'unico prodotto in vendita sugli scaffali ora confetto di questa libreria.

Betty e Karl Showler nel loro negozio di Newport Street si sono invece specializzati nella vendita di manuali sull'apicoltura, mentre da Marijana Dworki fanno bella mostra i testi scritti nelle lingue e dialetti più strambi di tutto il mondo. Ma non è finita qui. Da Boz Books, hanno sempre avuto una passione maniacale per Dickens, tanto che vendono solo i suoi romanzi, anche se ultimamente al numero civico 13ª di Castle Street ha fatto la comparsa anche qualche opera di Henry James…
Per i più romantici, l'indirizzo giusto è The Poetry Book Shop in Brook Street, dove capita di incontrare addirittura Bill Clinton, ma il proprietario, mister Prince, nemmeno sotto tortura sarebbe disposto a svelare a chi l'ex presidente americano gli ha fatto spedire la raccolta scelta di Dylan Thomas. Scommette che si tratta di una signora?

Sono gli studenti, invece, ad affollare Bookends in Castle Street dove si acquista qualsiasi libro per una sterlina. La libreria più originale di Hay-on-Way, però, è l'Honesty Book Shop, all'aperto, nel cortile del Castello: i libri, dai romanzi di Sir Walter Scott alla biografia di Hugh Grant, tutti olezzanti di bruma inglese, sono lasciati incustoditi sugli scaffali arrugginiti, per acquistarli basta versare un obolo di 50 penny per i testi in copertina rigida e 30 per gli altri in una buca rossa della posta incassata nella recinzione, senza che nessuno controlli. Ve la immaginate una cosa così in Italia? Nei vicoli stretti che salgono al castello, tra le vie del centro, si incrociano soltanto persone con i libri sotto braccio, che lanciano sguardi taglienti nei confronti di chi ne è sprovvisto. Anche il menù è rigorosamente letterario: si possono ordinare il pudding alla Shakespeare per colazione, il filetto di merluzzo alla Wolf come main course, e una fetta di cheese cake alla Shelley. Ma non pensiate che bastino un paio di dotte citazioni per convincere la cameriera a ottenere uno sconto sul conto salato [...]
(tratto da La Stampa, 14 mag 2008)

versi


"Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto."

"E' l'alba. S'illumina il mondo
come l'acqua che lascia cadere sul fondo
le sue impurità. E sei tu, all'improvviso
tu, mio amore, nel chiarore infinito
di fronte a me.

Giorno d'inverno, senza macchia, trasparente
come vetro. Addentare la polpa bianca e sana
di una mela. Amarti, amore mio, è come la felicità
di respirare l'aria in un bosco di pini. [...]"

"Amo in te
l'avventura della nave che va verso il polo
amo in te
l'audacia dei giocatori delle grandi scoperte
amo in te le cose lontane
amo in te l'impossibile

entro nei tuoi occhi come in un bosco
pieno di sole
e sudato affamato infuriato
ho la passione del cacciatore
per mordere nella tua carne

amo in te l'impossibile
ma non la disperazione."

(Nazim Hikmet)

martedì 27 luglio 2010

l'ombra del vento


Una mattina del 1945 il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all'oblio. Qui Daniel entra in possesso del libro "maledetto" che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore e da tempo sepolti nell'anima oscura della città. Un romanzo in cui i bagliori di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.

Finalmente, per una volta, mi ritrovo d'accordo con uno degli slogan riportati sulla copertina di un libro, slogan che ogni volta cercano di "venderlo" come se si trattasse di un capolavoro o di un'opera straordinaria e stra-originale.
Il romanzo spagnolo che ha stregato i lettori di tutto il mondo.
I lettori di tutto il mondo non saprei, ma me di sicuro... Un po' per la storia, che è comunque avvincente anche se man mano che mi addentravo nella lettura son sempre arrivata a sospettare fortemente le varie agnizioni e colpi di scena diverso tempo prima che venissero enunciati nero su bianco. Ma soprattutto per le atmosfere riprodotte, per la Barcellona che mi sono immaginata nebbiosa, a tinte noir, monocromatica come nelle fotografie d'epoca di Francesc Català-Roca. Poi per lo stile della prosa di Zafon, ricca e vivida, in grado di legarmi alle pagine e costringermi ad andare avanti per vedere "cosa viene dopo". E infine per i personaggi, tratteggiati e descritti mirabilmente come se fossero reali (soprattutto Fermin Romero de Torres, la cui figura - un mix di vizi, peccati e simpatia - risalta in modo speciale).

martedì 13 luglio 2010

working hard

Io mi lamento dei miei 36 gradi quotidiani, ma in ufficio c'è comunque un condizionatore. Ci sono invece quelli che devono lavorare anche sotto il solleone, e ripetere più volte sempre le stesse cose e gli stessi movimenti...


(link al video su YouTube - tolto embed per evitare rogne con la Cookie Law)

Quello che conta poi è il risultato.
(Light Blue Commercial 2010, David Gandy and Anna Jagodzinska by Mario Testino)


(link al video su YouTube - tolto embed per evitare rogne con la Cookie Law)

lunedì 12 luglio 2010

il polpo indovino


Ecco, Paul ha indovinato anche il risultato della finale dei Mondiali di calcio. Ho sempre pensato che ce l'avrebbe fatta.
Io dico solo una cosa. Se gli spagnoli sono intelligenti gli danno asilo politico, lo piazzano in un bell'acquario finché non muore per scadenza naturale dei termini, e fanno pagare il biglietto alla gente per andare a vederlo.
Sarebbe uno spreco farlo diventare un piatto da ristorante. Non se lo merita dopo tutto quello che ha (inconsapevolmente) fatto, povera bestiola...

domenica 11 luglio 2010

before sunset

Un altro gioiellino. Prima dell’alba (1995) è uno dei miei film cult, visto 4-5 volte, e quando son venuta a sapere che ne esisteva un seguito – Prima del tramonto (Before sunset) – con gli stessi attori (Ethan Hawke e Julie Delpy) e stesso regista (Richard Linklater), girato una decina di anni dopo, non mi sono data pace sino a quando non sono riuscita a recuperarne il DVD. Il film è uscito anche in Italia, ma evidentemente con una distribuzione e una promozione molto limitate, dato che non l’avevo assolutamente saputo...


Prima dell’alba terminava con Jesse e Celine che si davano appuntamento, di lì a 6 mesi, su quello stesso binario della stazione di Vienna, e il finale lasciava aperto l’interrogativo se si sarebbero presentati o meno all’appuntamento. E io avevo sempre voluto pensare di sì...

Before sunset è del 2004, nove anni più tardi. I due ragazzi twentysomething sono diventati trentenni. Jesse è diventato uno scrittore, e si trova a Parigi, nel mitico Shakespeare Bookstore, a presentare il suo romanzo, un libro ispirato proprio a quella notte viennese di tanti anni prima. E si ritrova improvvisamente davanti Celine, venuta proprio per lui, poiché per un caso fortuito ha saputo del libro.

Il fulmine colpisce due volte. Scattano di nuovo fra loro la complicità e la familiarità di 9 anni prima, sensazioni che in realtà non si sono mai spente ma hanno accompagnato entrambi negli anni.
Jesse si era presentato al rendez-vous viennese, ma Celine no perché impegnata col funerale dell’amata nonna: l’occasione di concretizzare i loro sogni e le speranze di allora era così andata persa.
Jesse si è sposato e ha un figlio, ma il suo matrimonio si è spento e non è più felice; mentre Celine lavora per un’organizzazione ambientale, e sta con un fotoreporter sempre in giro per il mondo, ma è più contenta quando lui è via e lei si trova da sola.

Ma ora Jesse e Celine hanno di nuovo poche ore insieme, un intero breve pomeriggio per decidere che cosa fare, se lasciarsi di nuovo sfuggire o se provare a giocare la carta del condividere i loro domani.
C’è un aereo che Jesse deve prendere la sera alle 10, ma resta da vedere se non finirà invece sedotto da una chitarra suonata in un delizioso appartamentino in cima a scale scrostate, da una tazza di tè,da un gattino che si aggira nella stanza (Que tu es mignon, n’est-ce que pas?), e da una Celine che ondeggia sensualmente sulle note di una canzone di Nina Simone infilata nello stereo.


Finale aperto anche stavolta, ma con maggiori ragioni per credere che i due non butteranno via questa seconda chance. Sequel pienamente all’altezza del primo film, fatto dallo stesso cast, sia artistico che tecnico. Dialoghi e conversazioni serrate fanno sì che il film, nonostante duri solo 1 ora e 17 minuti, risulti ricco ed intenso.
Mi sono goduta di più gli scorci parigini rispetto a quelli viennesi, perché li conoscevo di più e perché erano illuminati dalla luce di un caldo pomeriggio estivo, invece di essere scorci notturni.

mercoledì 7 luglio 2010

lost

Ieri sera ho finito di vedere l'ultima puntata di Lost, dopo un weekend di quasi full-immersion nella 6th Season. Essì, lo so che arrivo con oltre un mese di ritardo, ma il mio collega che me li aveva promessi mi ha passato i dvd soltanto l'altra settimana...
Ad ogni modo, se non avessi leggiucchiato un po' di qua e un po' di là, non ci avrei capito granché, e non è che così la situazione sia poi migliorata di molto. Fine accettabile, d'accordo, però mi sento comunque un pochino delusa perché mi sarebbe tanto piaciuto avere una spiegazione razionale, al massimo anche un po' fantascientifica e tirata per i capelli, ma non una simile deriva mistico-religiosa.
E poi com'è che quando, alla fine della 1a stagione, qualcuno proponeva l'interpretazione che l'Isola fosse in realtà una specie di purgatorio e che fossero tutti morti, gli autori rispondevano no no, l'isola è reale...??? Ci avevano abbastanza azzeccato, invece!