giovedì 29 dicembre 2011

niente bum bum

Leggo che, tramite il regolamento di polizia urbana, il Comune di Torino avrebbe vietato l'uso di botti e petardi per questo Capodanno. Uso il condizionale perché, pur condividendo in pieno questo divieto, sono curiosa di vedere se, come e quanto verrà rispettato. Siamo pur sempre in Italia, e lo dico con rassegnazione e disappunto...

Ho sempre pensato che i botti di Capodanno fossero un assurdo spreco di soldi, oltre che un'idiozia e un'attività potenzialmente (e anche concretamente) molto pericolosa. Pericolosa per gli esseri umani e anche per gli animali, domestici e non. Che soddisfazione si trova nel lanciare per aria, o per terra, una roba che scoppia, fa rumore e fa scintille o prende fuoco?

mercoledì 28 dicembre 2011

cani di sangue blu


Oscar Grazioli
Cani di sangue blu. Storia e storie di 31 razze celebri
Edizioni L'Età dell'Acquario


I cani di sangue blu protagonisti di questo libro sono animali diventati famosi perché hanno preso parte, nel bene e nel male, alle vicende di personaggi celebri e potenti, presidenti, regnanti, attori, poeti. L'autore, veterinario e giornalista, ha suddiviso il libro in 31 capitoli, ciascuno dei quali dedicato ad una razza, di cui introduce le origini e le caratteristiche, per poi passare agli aneddoti che riguardano, per l'appunto, gli esemplari "famosi". Un capitolo finale è dedicato ai coraggiosi cani che lavorarono fra le macerie del World Trade Center di New York.
A mio parere, a volte l'autore vuole fare un po' troppo il simpatico e spesso e volentieri divaga eccessivamente, rispetto a ciò che sta raccontando, ma in definitiva il libro è comunque una lettura carina e piacevole per chi ama i cani.

Moustache, ad esempio, fu il cane più famoso dell'esercito napoleonico. Barbone, sin da cucciolo affiancò una brigata francese; fece scoprire alcuni soldati nemici che si erano infiltrati nel campo e rimase ferito più volte. L'episodio più famoso ebbe luogo ad Austerlitz: il portabandiera rimase improvvisamente solo e accerchiato dal nemico, solo con la sua bandiera. Nessuno lo poteva sentire, a parte Moustache, che si gettò sui nemici in mezzo al fuoco dell'artiglieria. Il portabandierà morì avvolto dalla bandiera, e Moustache attaccò i russi per non fargli prendere il drappo. Approfittando di alcune fucilate francesi (che distraevano i russi), Moustache riuscì ad addentare l'asta e a recuperare il glorioso "Aigle" da sotto al portabandiera. Mentre correva però, il coraggioso cane venne raggiunto da un proiettile che gli frantumò una zampa. Verrà ritrovato qualche ora dopo, ferito ma con l'asta della bandiera fra i denti. Fu così che, pur perdendo una zampa, ottenne una medaglia.
La leggenda vuole che fu presentato a Napoleone, e che salutò l'imperatore con la zampa anteriore faticosamente alzata a livello delle orecchie. Continuò ad accompagnare i reggimenti, e morì su un campo di battaglia in Portogallo, colpito in pieno da una palla di cannone. Venne seppellito con il suo collare e con la sua medaglia "Qui giace Moustache, valoroso, morto sul campo con Onore". Un vero e proprio soldato a quattro zampe.

L'Irish wolfhound è uno dei cani più grandi che mi sia mai capitato di vedere. Il libro riporta una triste leggenda che avevo conosciuto in Galles. Nel XIII secolo Llewelyn, principe di Galles, si dedicava giornalmente alla caccia insieme a Gelert, il suo Irish Wolfhound. Un giorno, durante una battuta, il principe si accorse che il cane non c'era. Rientrò a casa per verificare cosa fosse successo, e il cane gli venne incontro scodinzolando, ma il principe rimase di pietra nel vedere il suo mantello coperto di sangue. Con un sinistro presentimento, il principe corse nel castello, verso la stanza dove di solito dormiva suo figlio neonato. La culla era tutta sottosopra, vuota, e c'era sangue dappertutto. Non poteva esserci che una spiegazione: il cane era impazzito e aveva ucciso e mangiato il bambino.
Il principe sguainò la spada e l'affondò nel fianco di Gelert, già coperto di sangue. All'urlo del cane che stava morendo rispose un flebile vagito. Il principe seguì il suono e giunse in una stanza dove, coperto da una pila di panni presi dalla culla, piangeva il suo bambino, sano e salvo. Poco lontano da lui giaceva il corpo di un grosso lupo, ovviamente ucciso da Gelert dopo una sanguinosa lotta.
Distrutto dal rimorso e dalla vergogna per quanto aveva commesso, Llewelyn giurò che non avrebbe mai più riso e volle che al cadavere di Gelert venisse praticato l'identico rito con cui si cremava il migliore amico.
Quel posto venne chiamato Bedd Gelert (la tomba di Gelert) e attorno al luogo di sepoltura nacque poi nel tempo la cittadina di Beddgelert. Storia o leggenda? Come sempre accade, probabilmente una base di verità esiste: Llewelyn è vissuto davvero, la tomba di Gelert esiste e il piccolo villaggio di Beddgelert pure, nello Snowdonia Park: ci sono passata anch'io, anche se non ho avuto tempo di fermarmi. Purtroppo sono venuta a conoscenza di questa leggenda soltanto nei giorni successivi, spulciando la Lonely Planet, altrimenti mi sarei senz'altro fermata per vedere la tomba di Gelert.

Laika, la famosa cagnetta che andò incontro ad una morte orribile sullo Sputnik 2, nel 1957, probabilmente era un incrocio fra un terrier e un samoiedo, e il suo vero nome era Kudrjavka (Laika in russo è un appellativo generico per "cane"). La sua storia mi aveva colpito sin da quando ero piccola - su uno dei miei libri (Il grande libro del sapere) c'era una piccola illustrazione che la ritraeva - ed è proprio pensando a lei che ho chiamato Laika la prima cagna che ho avuto.
Dopo il crollo del regime sovietico sono venuti alla luce diversi documenti, ed è emerso che la povera Laika morì probabilmente in meno di cinque ore dal lancio, a causa dello stress e dello spavento, e del surriscaldamento dovuto a un impianto di raffredamento che smise quasi subito di funzionare. Fu solo quando Laika era in orbita che i sovietici annunciarono l'assenza di un qualsiasi piano per recuperarla. Era mancato il tempo e la corsa al cosmo aveva le sue regole.
E oggi sappiamo anche che Laika fu imbragata dentro la capsula già diversi giorni prima del lancio e fu poi cosparsa di alcol per far aderire meglio i sensori che dovevano monitorarne le funzioni vitali. Solo poco tempo fa, uno dei ricercatori superstiti che partecipò all'allestimento della missione sovietica, Oleg Gazenko, ormai anziano, ammise pubblicamente il proprio pentimento: "Più tempo passa e più mi rammarico per la nostra scelta. Non era proprio necessaria. Da quella missione non abbiamo imparato tanto da giustificare la tragica fine di quel cane."

A proposito della storia di Laika, consiglio di leggere anche la graphic novel "Laika" di Nick Abadzis (Magic Press, 2008), emozionante e ben documentata.

E infine non può mancare quello che è forse il più celebre epitaffio dedicato al migliore amico dell'uomo, scritto da Lord Byron in memoria del suo fedele Boatswain, un Terranova. La dedica è scolpita sulla tomba del cane, più grande di quella del poeta stesso, eretta nel giardino di Newstead Abbey. Byron curò il suo cane, colpito dalla rabbia, sino alla fine, incurante del pericolo che lui stesso poteva correre.


Near this Spot
are deposited the Remains of one
who possessed Beauty without Vanity,
Strength without Insolence,
Courage without Ferosity,
and all the virtues of Man without his Vices.

This praise, which would be unmeaning Flattery
if inscribed over human Ashes,
is but a just tribute to the Memory of
BOATSWAIN, a DOG,
who was born in Newfoundland May 1803
and died at Newstead Nov. 18, 1808.

When some proud Son of Man returns to Earth,
Unknown by Glory, but upheld by Birth,
The sculptor’s art exhausts the pomp of woe,
And storied urns record who rests below.
When all is done, upon the Tomb is seen,
Not what he was, but what he should have been.
But the poor Dog, in life the firmest friend,
The first to welcome, foremost to defend,
Whose honest heart is still his Master’s own,
Who labours, fights, lives, breathes for him alone,
Unhonoured falls, unnoticed all his worth,
Denied in heaven the Soul he held on earth:
While man, vain insect! hopes to be forgiven,
And claims himself a sole exclusive heaven.

Oh man! thou feeble tenant of an hour,
Debased by slavery, or corrupt by power,
Who knows thee well must quit thee with disgust,
Degraded mass of animated dust!
Thy love is lust, thy friendship all a cheat,
Thy tongue hypocrisy, thy heart deceit!
By nature vile, ennobled but by name,
Each kindred brute might bid thee blush for shame.
Ye, who perchance behold this simple urn,
Pass on - it honors none you wish to mourn.
To mark a friend’s remains these stones arise;
I never knew but one - and here he lies.

giovedì 8 dicembre 2011

presepio in piazza

Presepio di Emanuele Luzzati in piazza Castello a Torino.
Dal 1 dicembre 2011 al 15 gennaio 2012.

Ai personaggi tradizionali del presepio si affiancano quelli delle favole, creando un effetto scenico di grande impatto. In tutto ci sono 90 sagome dipinte su legno, distribuite su una struttura a base ellittica larga 35 metri e profonda 23 metri, mentre il fondale che racchiude il presepe è alto 6 metri.








venerdì 2 dicembre 2011

hunger games


A volte un libro che ci colpisce tantissimo non passa attraverso un colpo di fulmine repentino, ma da un primo sguardo distratto e poco interessato, corretto poi dall'ascolto di un consiglio/segnalazione estremamente entusiasta che si ripropone su più fronti. Questa cosa mi era già successa con la serie "In Death" della Robb, e adesso di nuovo con "Hunger Games" di Suzanne Collins.

Per chi non lo sapesse, "Hunger Games" è il primo libro di una trilogia - in Italia per ora sono usciti i primi due ("La ragazza di fuoco" è il secondo, già tradotto, "Mockingjay è il terzo e ultimo, per ora reperibile soltanto in lingua originale). In giro per librerie si trova probabilmente nella sezione dei libri per ragazzi, fra i cosiddetti young-adult. Data questa collocazione, molto difficilmente mi sarei decisa a prenderlo in mano per leggerlo. Ma per fortuna ho prestato ascolto alle numerosissime recensioni positive lette in giro sul web, e soprattutto a quelle entusiastiche di quella piccola rosa di amici "internettiani" dei cui consigli letterari mi fido da tempo. E ho fatto bene.
In realtà è davvero riduttivo considerare "Hunger games" un puro e semplice libro per ragazzi. Lo si può leggere a molti livelli, e non è difficile vedervi una chiara metafora del potere centrale, dei governi e dei media nei confronti dei loro cittadini. Sarà anche un libro fantasy, ambientato in un ipotetico futuro, ma durante la lettura più volte mi è capitato di notare quanto alcuni dettagli fossero terribilmente simili e vicini al reale...
La scrittura della Collins è molto avvincente: una volta superate le pagine iniziali non si può fare a meno di restare calamitati dalla storia. Ti ritrovi rapito e devi andare avanti a leggere.

La storia è ambientata in un futuro non ben precisato, nella terra di Panem, dove un tempo sorgevano gli Stati Uniti. Panem è composta da 12 distretti controllati da Capitol City. Dopo che 74 anni prima si era verificata una feroce ribellione al potere centrale - nella quale il Distretto 13 venne annientato - ogni anno, il regime centrale sorteggia due adolescenti per ciascun distretto, un ragazzo e una ragazza, i quali sono costretti a partecipare agli Hunger Games, una sorta di crudele reality show, nel quale esiste una sola regola: uccidi o muori.

Quando Katniss urla "Mi offro volontaria, mi offro volontaria come tributo!" sa di aver appena firmato la sua condanna a morte. È il giorno dell'estrazione dei partecipanti agli Hunger Games. Ognuno dei Distretti deve sorteggiare un ragazzo e una ragazza tra i 12 e i 18 anni che verrà gettato nell'Arena a combattere fino alla morte. Ne sopravvive uno solo, il più bravo, il più forte, ma anche quello che si conquista il pubblico, gli sponsor, l'audience. Katniss appartiene al Distretto 12, quello dei minatori, quello che gli Hunger Games li ha vinti solo due volte in 73 edizioni, e sa di aver poche possibilità di farcela. Ma si è offerta al posto di sua sorella minore e farà di tutto per tornare da lei. Da quando è nata ha lottato per vivere e lo farà anche questa volta. Nella sua squadra c'è anche Peeta, un ragazzo gentile che però non ha la stoffa per farcela. Lui è determinato a mantenere integri i propri sentimenti e dichiara davanti alle telecamere di essere innamorato di Katniss. Ma negli Hunger Games non esistono gli amici, non esistono gli affetti, non c'è spazio per l'amore. Bisogna saper scegliere e, soprattutto, per vincere bisogna saper perdere, rinunciare a tutto ciò che ti rende Uomo.

E' terminata da poco la produzione di The Hunger Games, film diretto da Gary Ross, e basato sul primo libro, che dovrebbe uscire nelle sale in primavera. Se tanto mi dà tanto fra sei mesi questo sarà il nuovo "fenomeno", dopo la serie di Harry Potter e dopo la saga di Twilight.

lunedì 14 novembre 2011

senso di servizio

"Ringrazio il presidente della Repubblica per la fiducia accordatami. Intendo adempiere questo compito con senso di responsabilità e servizio". Sono queste le prime parole del senatore Mario Monti, subito dopo aver ricevuto l'incarico di formare un nuovo governo dal presidente della Repubblica.

So bene che adesso viene il difficile, e che non sarà una passeggiata per nessuno, ma dico solo che mi sono quasi commossa quando ho sentito "senso di servizio". Non ero abituata, anzi, forse non lo sono mai stata.
Ecco, forse basterebbe davvero questo. Che i politici, i dipendenti pubblici, i sindacalisti, fossero animati da questo spirito e da questa consapevolezza, di non essere dei capetti privilegiati, ma delle persone che decidono volontariamente di lavorare per il bene comune, della società civile di cui essi stessi fanno parte. Servizio, per l'appunto.

sabato 12 novembre 2011

tulli tulli tulli'pa

Ci riprovo. I tulipani mi piacciono troppo e ogni tanto mi salta la fissa di poterne avere una bella aiuola. Ho di nuovo comprato tre sacchetti e stamattina li ho piantati in giardino. Speriamo bene... (visto i risultati deludenti dell'anno scorso).
E, non paga di ciò, oggi pomeriggio sono caduta vittima di un'offerta 3x2 da Viridea e mi sono comprata 3 vasetti di giacinto da far crescere. E' decisamente tempo di bulbi da giardino :-)

mercoledì 9 novembre 2011

vampiri scozzesi

Stefania Auci è una giovane scrittrice esordiente italiana. "Auld Reekie" e "Hidden in the dark" sono parti di "Moray Place 12, Edimburgo", una saga urban fantasy, dove protagonisti sono i vampiri. Vampiri della vecchia scuola, costretti a fare i conti con i brandelli di umanità che li affliggono come una malattia.

Sono rimasta assolutamente folgorata dai suoi racconti, davvero meravigliosi! Un modo di narrare molto ricco, l'ambientazione in quel di Edimburgo molto vivida e precisa (tanto che mi sembrava di essere lì), i personaggi (che per quanto amorali e crudeli possano apparire) mi hanno subito affascinata. L'unico appunto che posso fare, in merito ai racconti, è che sono troppo brevi e finiscono subito! Vorrei tanto leggere la continuazione di "Auld Reekie", e vorrei anche nuovi scorci di Samuel e Marianne (cosa succede dopo il 1978?), nonché di Oliver e di Emily...

La Auci di recente ha pubblicato un romance per la Harlequin Mondadori, "Fiore di Scozia", ambientato ai tempi della disfatta di Culloden: per quanto l'abbia trovato ben scritto (e ben documentato) non mi ha però catturata come i suoi racconti. Non ho provato particolare empatia per i personaggi, e non sono riuscita a "sentirmi" immersa nel libro.
Ma invece questi racconti di vampiri li consiglio davvero... riescono a stare degnamente alla pari con quelli di autori più famosi e blasonati.

giovedì 3 novembre 2011

un amore e una vendetta

Di solito non seguo molto le fiction italiane (e anche quando lo faccio si vede lontano un miglio che si tratta di un 'prodotto' con standard molto diversi dai telefilm stranieri). Però ultimamente sto guardando "Un amore e una vendetta", trasmessa su Canale 5 in otto puntate, con Alessandro Preziosi e Anna Valle, e mi sta davvero piacendo.

La vicenda si ispira liberamente alla storia del Conte di Montecristo: un uomo che torna con propositi di vendetta nei confronti di chi l'ha tradito anni prima, con tutti i mezzi per raggiungere il suo scopo. E' ambientata a Trieste, fra yacht, cantieri navali, piazze e moli più o meno audaci... e, per quanto mi riguarda, mantiene costantemente alto l'interesse puntata dopo puntata.


Ammetto di aver cominciato a guardare questa fiction principalmente perché interpretata da Preziosi (è uno dei miei attori preferiti - mica per niente sono andata anche a vedermelo due volte a teatro - e la sua sola presenza fa sì che mi sciroppi qualsiasi cosa passi sullo schermo ;-) Però trovo che sia un prodotto molto ben fatto, un buon thriller con la giusta tensione e i giusti interpreti, certo al di sopra della media delle produzioni televisive italiane.

sabato 29 ottobre 2011

white collar

Ho scovato un altro telefilm piuttosto carino, che mi è piaciuto molto, e che mi ha tenuta incollata al video per circa una quindicina di giorni (tempo necessario per vedermi le prime due stagioni).Si tratta di "White Collar", serie americana di genere poliziesco, incentrata sull’insolito abbinamento tra un brillante artista della truffa, Neal Caffrey (Matthew Bomer), e un detective dell'FBI, Peter Burke (Tim DeKay), che si occupa dei cosiddetti crimini riguardanti i colletti bianchi (white collar, per l'appunto). E' un'espressione che si usa normalmente anche in italiano, e indica quei crimini economico/finanziari, truffe, furti d'arte, frodi in bilancio, etc... perpetrati soprattutto da persone di stato sociale medio alto e spesso nell'ambito della loro professione. Insomma, dopo tanti telefilm dedicati a squadre omicidi, narcotraffici e RIS, questo riempie un altro settore che ancora mancava :-)

La storia non sarà il massimo dell'originalità, ma è piuttosto avvincente. Se poi servisse anche un motivo estetico per seguire il telefilm, basta pensare agli occhi e alla presenza fisica dell'attore che interpreta Neal (anche se voci di gossip - che pare proprio siano fondate - dicono sia gay... ma tanto a noi 'sta cosa non ci cambia la vita, no?).

Nel pilot della prima stagione, Neal Caffrey, giovane e affascinante mago della truffa, finito in prigione dopo tre anni di ricerca da parte dell’FBI, riesce ad evadere. Viene richiamato Burke, che l'aveva catturato in passato, il quale in poche ore riesce a rintracciarlo. Neal prima di ritornare in prigione dà informazioni importanti a Burke e si offre come consulente per aiutarlo a catturare un criminale. In cambio Neal ottiene il rilascio sotto la custodia dell'agente Burke e dell'FBI. L'accordo si rivela azzeccato e funzionante, e Neal diventa a tutti gli effetti "consulente" civile per l'FBI.

Il rapporto fra Caffrey e Burke si rivela da subito perfetto: furbo e divertente uno, con l'aria scanzonata ma affascinante, serioso e un po' cinico e un tantino arrogante l’altro. Ma l'alchimia funziona, e nel corso delle puntate nasce un vero e proprio rapporto di affetto e amicizia. Intorno a loro gravitano personaggi indovinatissimi come Elizabeth, la moglie di Burke, che prende subito in simpatia Neal, e Mozzie, l'amico truffatore di Neal (i cui interpreti ce li ricordiamo, rispettivamente, in "Beverly Hills 90210" e in "Sex and the city").

giovedì 20 ottobre 2011

diari bestiali

Dal diario di un cane:

8:00 - Cibo ! La mia cosa preferita !
9:30 - Un giro in macchina ! La mia cosa preferita !
9:40 - A spasso nel parco ! La mia cosa preferita !
... 10:30 - Coccole ! La mia cosa preferita !
12:00 - Pranzo ! La mia cosa preferita !
13:00 - Giochi in giardino! La mia cosa preferita !
15:00 - Scondizolo ! La mia cosa preferita !
17:00 - Merenda ! La mia cosa preferita !
19:00 - Si gioca a palla ! La mia cosa preferita !
20:00 - Wow! Guardo la tv con mamma e papà ! La mia cosa preferita !
23:00 - A nanna nella cuccia ! La mia cosa preferita !

Dal diario di un gatto :

Giorno di prigionia numero 983.
I miei guardiani continuano a prendermi per il culo con dei piccoli oggetti ciondolanti.
L'unica cosa che mi aiuta ad andare avanti è il mio sogno di scappare. Nel tentativo di disgustarli, vomito ancora sul tappeto.
Oggi ho decapitato un topo e ho gettato il corpo senza testa ai loro piedi. Speravo che ciò li terrorizzasse, perchè è la prova di cosa son capace di fare. Comunque, hanno fatto un piccolo commento su che "bravo piccolo cacciatore" io sia. Bastardi.
Oggi son quasi riuscito ad assassinare uno dei miei tormentatori passandogli in mezzo ai piedi mentre camminava. Devo riprovarci domani, però in cima alle scale.
Sono convinto che gli altri prigionieri siano lecchini e spie. Il cane ha sempre dei privilegi speciali. Viene regolarmente rilasciato, e sembra pure che voglia tornare. Ovviamente è un ritardato.

L'uccellino dev'essere un informatore. Lo osservo mentre comunica con le guardie regolarmente. Son sicuro che riferisce ogni mia singola mossa. I miei guardiani l'hanno messo in custodia protettiva in una cella in alto, così è al sicuro, per ora... Vi terrò aggiornati.

lunedì 17 ottobre 2011

moda italiana

Moda in Italia. 150 anni di eleganza
17 settembre 2011 - 8 gennaio 2012 (prorogata al 29 gennaio)
Reggia di Venaria, Torino


Nello scorso weekend ho visitato una bella ed interessante mostra alla Reggia della Venaria. L'esposizione racconta la storia della moda in Italia dal 1861 ad oggi. E' divisa in due parti (presentate su due piani) affidate rispettivamente alla direzione artistica della costumista premio Oscar Gabriella Pescucci e del direttore di Vogue Italia Franca Sozzani.

Lungo le sale veniamo accompagnati da un suggestivo gioco di specchi tra arti figurative, fotografie, musica e cinema, che ci guidano in un viaggio lungo i 150 anni di stile italiano. Le musiche e le immagini sono legate al periodo presentato nella sala, mentre se devo essere sincera non mi sono accorta per nulla del percorso olfattivo (o mi sono assuefatta appena entrata nella prima sala, oppure il raffreddore stava covando... mah? - comunque mi è stato assicurato che esiste anche quello...)
Il percorso di visita è organizzato per decenni e per temi, e si suddivide in otto sezioni.


Verso l'Unità, tra storia e romanzo
La mostra parte dall'Unità d'Italia e dall'epopea del Risorgimento. Il 1861. Il Romanticismo aulico che ispira le gesta di quegli anni si esprime nell'eleganza soave della dama romantica, stretta nel busto e avvolta nella lusseureggiante gonna sorretta dalla crinolina, oggetto emblema di un'epoca. Una femminilità distante ed eterea, di ispirazione aristocratica, pervade le prime sale tra abiti originali e costumi del grande cinema di Luchino Visconti.
Le prime tre sale ospitano rispettivamente un abito da sera originale della Contessa di Castiglione, e due riproduzioni "filmiche": l'abito bianco da ballo di Claudia Cardinale ne "Il gattopardo" e l'abito scuro da viaggio di Alida Valli in "Senso".

L'Italia diventa regno
Dopo il 1870 e maggiormente nell'età umbertina (1878-1900) la figura femminile evolve e con essa muta l'approccio alla vita sociale. La donna borghese è sinuosa e vitale grazie alla silhouette offertale dalla tournure (struttura per rigonfiare le gonne) che punta sugli aspetti maggiormente sensuli, come fianchi e retro. Il preziosismo della nuova cultura esteta importata in Italia da D'Annunzio e il gusto decadente creano l'immaginario sofisticato della cosiddetta fin de siecle.
In mostra ci sono un manto regale della regina Margherita, un suo abito, le divise dei gentiluomini di corte.


L'Italia della Belle Epoque
Il primo 900 è un'età nevrotica e brillante per l'ansia di vita che traspare e il presagio della fine di un mondo. La moda è conservatrice, sempre ancorata a busti e sottane, però eclettica, preziosa, severa e volutamente non rivolta ai più. Decori presi da ogni epoca e stile, ispirazioni dettate dal colonialismo o dalla fantasia ispirata all'opera lirica di Giacomo Puccini, profili innaturali e femminilità vistose rappresentano una vivacità culturale densa di simboli.

Futurismo
Nel 1919 a Firenze il futurista Thayat realizza la tuta da lavoro, pensata per tutte le occasioni, anche eleganti, determinando così un percorso di sperimentazione tra moda e arte. Tripudio di colori in panciotti sgargianti, dinamica praticità del taglio e modernità delle asimmetrie oltre che rifiuto delle costrizioni borghesi (la cravatta per esempio) si esplicano con freschezza in queste creazioni perché, come disse Giacomo Balla "si pensa e si agisce come si veste".

Tra due guerre mondiali
La Grande Guerra cambia il volto all'Europa e la moda, come quasi tutte le arti applicate, cambia anch'essa identità. Sparisce il secolare busto, mentre il cinema muto ispira nuovi canoni di bellezza: capelli corti, linee appena accennate da abiti semplicissimi quanto sgargianti, bellezze acerbe. Negli anni '30 l'atmosfera si incupisce e la donna diventa diva fatale: profili androgini e abiti a sirena per la sera, carattere militaresco per il giorno. Si sviluppa nell'Italia fascista l'interesse per le fibre sintetiche, come la viscosa, prodotta per lungo tempo a Venaria (Snia Viscosa).
Sono esposti una divisa militare di D'Annunzio, abiti di Eleonora Duse, numerosi abiti di stile charleston degli anni '20, abiti degli anni '30-'40, italiani e tedeschi

La Repubblica e la rinascita della moda italiana
"Riprendere a sognare per riprendere a vivere" asseriva Dior che nel 1947 con il suo new look aveva riproposto un modello di donna ormai dimenticato: vitino stretto, tacchi a spillo e gonna a crinolina, inarrivabile ai più, ma sufficiente a fare dimenticare gli orrori e le privazioni recenti. Nel 1951 a Firenze il verbo francese dell'eleganza si traduce per la prima volta in italiano. L'esperimento funziona e nascono gli stilisti, autori delle creazioni rese celebri nelle pellicole della Hollywood sul Tevere, che mostrarono la rinascita e le bellezze italiane al mondo.
La mostra prosegue al piano superiore, e propone, fra gli altri, abiti delle sorelle Fontana, abiti delle dive cinematografiche degli anni '50-60: Audrey Hepburn, Liz Taylor, Ava Gardner (con il "pretino", un tailleur di foggia vescovile), scarpe di Ferragamo realizzate per Marylin Monroe.


Sartorialità
Dagli anni '60 lo stile italiano si fa unico nel mondo. L'eleganza data dalla maestria nella confezione e dalla creatività dei primi grandi stilisti creano un gusto unico e inconfondibile nelle sue firme. Il rosso di Valentino, il taglio scultura di Capucci, l'esuberanza di Versace, l'eleganza di Armani rappresentano un carattere di autorialità sartoriale impossibile da eguagliare.

1970/2011
La moda approda a Milano. Scandalo e sperimentalismo degli anni '70. Neo conservatorismo e stile rampante per gli anni '80. Eleganza minimale e del dettaglio per i '90. Creatività che si concede ai più nel mercato globale del post 2000. Nel suggestivo Teatro delle Commedie della Reggia, un'installazione che riproduce la passerella di una coloratissima sfilata raccoglie i capolavori delle più grandi firme della moda italiana.

venerdì 14 ottobre 2011

jane eyre


Ieri sera ho visto il nuovo adattamento cinematografico di "Jane Eyre", che rimane, pur a tanti anni dall'ultima volta in cui l'ho letto, uno dei miei libri preferiti e più cari. Nei giorni scorsi avevo letto in giro sul web delle recensioni di spettatrici che erano rimaste un po' deluse da questa nuova versione, e soprattutto dal Rochester interpretato da Michael Fassbender. Partivo quindi con qualche paura, ma alla fine devo dire che questa versione non mi è dispiaciuta, tutt'altro.

Più gotica e cupa delle precedenti, questa rilettura filmica si apre con la fuga di Jane da Thornfield, dopo il mancato matrimonio, e procede a raccontare tutta la storia precedente - anni infantili a Longbourn inclusi - in forma di flashback.
E' sicuramente difficile infilare tutto il libro in due ore esatte, e infatti secondo me alcuni passaggi sono stati talmente solo accennati che, se non si è letto il libro, vanno persi (ad esempio la malattia della piccola Helen, il fratello di Bertha). Comunque le atmosfere riprodotte sono fosche al punto giusto, con una Thornfield Hall illuminata dalle luci delle candele, popolata da voci lontane, pavimenti scricchiolanti e tendaggi svolazzanti, boscaglie nelle quali compare improvvisamente un nero destriero e brughiere attraverso cui giunge la voce perduta di Rochester.

Rispetto al precedente film di Zeffirelli, ho trovato un po' affrettato e scarsamente elaborato l'avvicinamento iniziale fra Jane e Rochester (non vi ho avvertito molta tensione) ma mi sono ugualmente emozionata soprattutto nella seconda parte.

Se siete amanti di Jane Eyre, questo film va sicuramente visto. Da parte mia penso proprio che nei prossimi giorni mi riguarderò anche le precedenti versioni (quella di Zeffirelli e quella dello sceneggiato BBC 2006).
Jane Eyre - la recensione del film
(di Federico Gironi, ComingSoon)


Americano, madre svedese e padre giapponese, Cary Fukunaga aveva all’attivo il grande successo indipendente di Sin Nombre, ovviamente inedito in Italia, quando ha deciso di cimentarsi nell’impresa di un nuovo adattamento cinematografico del celebre romanzo vittoriano di Charlotte Brontë.
Imbattutosi nel copione scritto dalla sceneggiatrice di Tamara Drewe, Moira Buffini, Fukunaga ha fin dall’inizio dichiarato di voler lavorare con attenzione sui risvolti gotici della storia, dell’ambientazione e dei personaggi: e i risultati confermano queste intenzioni.

Il suo Jane Eyre è lontanissimo dalla celebre versione di Robert Stevenson interpretata da Joan Fontaine e Orson Welles, così come dal più recente degli adattamenti, quello diretto da Zeffirelli con Charlotte Gainsbourg e William Hurt. Eppure rimane coerentissimo alla sua matrice letteraria, con un afflato di fedeltà che travalica le mere circostanze narrative.
Ricalcando la ricchezza interiore e il rigore formale del personaggio che gli da il titolo e di cui narra la parabola di vita, il film di Fukunaga si aggrappa alla ruvida e gelida materialità dei luoghi e di certe mentalità, ma lascia anche spirino folate di spiritualità, di mistero e di passioni.
Di spiriti, la Jane Eyre interpretata da una Mia Wasikowska che recita con la sordina e colpisce al cuore con le frequenze basse della sua ottima performance, parla fin dall’inizio. Spiriti, rumori, misteri, presagi e voci nella brughiera che rispecchiano l’irrazionale incontenibile delle passioni del cuore e della mente, che sembrano provenire dai racconti che si facevano Byron, Shelley e Polidori chiusi dalla villa di Diodati. E allora non appare un caso o un vezzo che il Rochester di Fassbender sia un personaggio decisamente byronesco: scapigliato, inquieto e volatile, quasi più rockstar ante litteram che poeta maledetto.

L’amore tra i due, di conseguenza, o come causa, è allora più viscerale e appassionato di quanto il cinema ci abbia abituato a vedere, più ossessionante nella sua irrinunciabile natura. Per questo, più centrale e dominante rispetto alle altre sfumature della storia.
Eppure, quello di Fukunaga non è un film "caldo": perché, proprio come fatto da Andrea Arnold nell’altro recente adattamento brontiano, quello di "Cime tempestose", dimore e brughiere sono messe in scena in tutta la loro ostica natura, in una nudità che non nasconde il buio, il freddo, lo scomodo e il doloroso. Ma rispetto a Wuthering Heights, Jane Eyre si perde meno nella ricercatezza fotografica che quasi contraddice la natura dura e pura dello sguardo, concedendosi un’eleganza pittorica mai levigata, nella quale il segno del pennello e della fatica son sempre percepibili.

Una fatica che è quella sopportata da Jane, fisica e morale, in qualsiasi contesto la mostri il film: dalla casa della zia Reed a quella solo in apparenza più ospitale di St.John Rivers, passando per la scuola Lowwood. E, ovviamente, in una Thornfield Hall mai così oscura e stregata, i cui cupi e monotoni corridoi s’illuminano solo al passare della Wasikowska.
Flebilmente ma intimamente, come quei rossori che balenano sulle guance dell’attrice che scaldano e coinvolgono perfino lo spettatore.

lunedì 10 ottobre 2011

contiamoci tutti...

Ho scoperto soltanto ieri che esistono due versioni diverse del modulo per il Censimento Istat, una rossa e una verde. E io che pensavo che invece venissero chieste a tutti le stesse cose: credevo sarebbe stato più logico.
La versione completa del questionario è di colore rosso, quella breve di colore verde. La versione completa contiene una serie di quesiti di natura socio-economica che sono stati omessi nella versione breve. Ai cittadini potrà arrivare dunque l'uno o l'altro modello sulla base di una metodologia campionaria decisa dall'Istat.
"Nei Comuni fino a 20mila abitanti - spiegano dall'istituto nazionale di statistica - tutti i residenti riceveranno il questionario rosso, quello più complesso, mentre nei Comuni oltre 20mila abitanti i 2/3 dei residenti riceveranno il questionario verde e 1/3 quello rosso".

A me ovviamente è arrivato il modulo rosso, che oltre al resto mi chiede, ad esempio, il numero dei cellulari che possiedo, il tipo di connessione ad Internet, il numero di posti auto, il numero di docce e/o vasche da bagno, quanto tempo ci impiego ad andare al lavoro/scuola e che tipo di mezzo utilizzo, se ho dei deficit visivi o motori (almeno su quest'ultima posso invocare la privacy e non rispondere), etc...
Tutte queste domande sul modulo verde non ci sono.

Quello che mi dà potenzialmente fastidio è che, se non rispondessi a "queste" domande (o le sbagliassi palesemente), sarei soggetta a una sanzione, mentre chi ha ricevuto il modulo verde non vi risponde (proprio perché "queste" domande non gli vengono sottoposte). Parlando di possibili multe, credo che dovremmo essere messi tutti nella stessa condizione di partenza, vale a dire: tutti con le medesime domande, con lo stesso modulo.
Non capisco proprio quale senso statistico e metodologico abbia l'utilizzo di un modulo normale e di uno ridotto...

giovedì 29 settembre 2011

blog courtesy

Caro blog cosechevedoingiro.blogspot.com,
sarebbe molto carino - visto che dai miei log noto che dalle tue pagine provengono sempre numerosi accessi (probabilmente mi hai linkata) - che mi mandassi un invito ad accedere al tuo blog :)
Sarei curiosa di visitarlo, ma la porta di accesso mi è chiusa... senza un tuo invito non si può entrare (mi sembra quasi di essere in un telefilm di vampiri, accipicchia XD) - visto che vieni spesso da me vorrei poter fare altrettanto.

naked heat


Credo che questo libro si possa leggere piacevolmente anche se non si è mai visto il telefilm "Castle". Però sono certa che non lo si possa godere fino in fondo, in tutte le sfumature tra le righe, se non si conosce il telefilm.

Infatti è uno pseudobiblium, parolone che indica un libro mai scritto, ma che viene citato come realmente esistente in un'altra opera (narrativa o filmica). Nel telefilm, Castle è uno scrittore di gialli che trova nella detective Kate Beckett, della Omicidi di New York, la sua musa per una nuova serie di libri basati sulla figura di Nikki Heat, costruita sulla falsariga di Beckett. Nel telefilm, "Naked heat" è il secondo libro che Castle sta scrivendo nel corso della seconda stagione e che viene pubblicato al principio della terza.
I simpatici sceneggiatori della serie l'hanno scritto e pubblicato davvero anche nella realtà, esattamente come avevano fatto per il primo ("Heat wave"). Buon esempio di marketing indovinato!

La fortuna ha voluto che fosse tradotto e pubblicato anche in italiano, e per gli appassionati del telefilm, è davvero uno spasso leggere di Nikki Heat e Jameson Rook ed immaginarsi i volti di Beckett e Castle. Ci sono un sacco di parallelismi fra i romanzi e il telefilm, costruiti apposta per mandare in sollucchero i fans. Nei libri, a differenza che nel telefilm, i due si trovano "invischiati" in una relazione.

Proprio in questi giorni negli Stati Uniti in contemporanea con l'avvio della quarta stagione del telefilm - è uscito anche il terzo libro finto-vero di Castle, intitolato "Heat rises". Chissà se anche questo verrà tradotto?

Una cosa che invece non mi spiego è perché in Italia non siano ancora stati fatti uscire i DVD del telefilm, visto che comunque la serie sta avendo molto successo anche nel nostro paese.
Riporto sotto le copertine dei cofanetti statunitensi:



Edit 30 agosto 2012: La prima stagione di Castle in italiano è finalmente disponibile in DVD anche in Italia, in un cofanetto con 3 dischi. Eh, sì purtroppo soltanto la prima stagione, mentre in tivù sono già arrivati alla quarta (sulla pay-per-view) e alla terza (in chiaro).