sabato 29 settembre 2012

delusion in death

La scena che una sera si presenta davanti agli occhi del tenente Eve Dallas e della sua squadra è più scioccante di qualsiasi altra abbiano mai visto. Un tranquillo bar di New York è pieno di cadaveri: impiegati che durante l'ora dell'aperitivo si sono ammazzati in maniera sanguinolenta l'un l'altro, con qualsiasi arma a loro disposizione, apparentemente in un attacco di cieca rabbia. E pochissimo tempo dopo, un episodio simile succede durante la pausa pranzo in un ristorante della stessa zona, sempre pieno di impiegati.
Durante le indagini, Eve e Roarke (proprietario del bar, fra l'altro) collegano questa strage a una serie di vecchi attentati risalenti a oltre trent'anni prima, e a un arsenale chimico usato a quell'epoca. Ma può darsi che stavolta, invece di terrorismo, si tratti di vendette personali...

Non mi ricordo più, così al volo, se questo libro è il 35° oppure il 36° della serie "In Death", e già questo la dice lunga. Sino ad ora i vari titoli non mi hanno mai annoiata, e ad essere sinceri non l'ha fatto nemmeno questo... però la sua lettura è andata molto a rilento, ci ho impiegato un paio di settimane a finirlo, non avevo la smania di girare le pagine come ti prende in certi casi, quando un libro ti rapisce davvero. Non ci sono grandi colpi di scena. Ordinaria amministrazione, tutto ormai largamente prevedibile. E anche la scoperta del "cattivo" non mi è piaciuta, perché in pratica già a metà libro Eve sa chi è il colpevole e lo dice chiaramente, non viene lasciato nessun spazio al lettore per indovinare o scoprirlo.

Cara J.D.Robb/Nora Roberts, so che tu sei capace di fare miracoli con le parole scritte, sei un piccolo (e prolifico) genietto della penna (o della tastiera). Per favore, fai succedere qualcosa di nuovo a questi personaggi, falli crescere e andare avanti - io ad esempio mi sarei anche un po' stufata di questi incubi ricorrenti di Eve, 'che sembrano risolti e invece risaltano fuori improvvisamente.

lunedì 3 settembre 2012

impero

Seguito ideale di "Una giornata nell'antica Roma". Anche stavolta si riesce benissimo ad immaginarsi Alberto Angela mentre ci sta "raccontando" ciò che ha scritto, come in uno dei suoi documentari.

L'espediente narrativo scelto per trattare i vari aspetti della vita romana in età imperiale, all'epoca di Traiano, nel momento di massima espansione dell'impero stesso, è quello di seguire i vari passaggi di una moneta, per l'esattezza un sesterzio.
Questo sesterzio viene seguito dal momento in cui viene forgiato (con l'effigie stessa dell'imperatore su un verso, e con la commemorazione di una delle sue conquiste militari sull'altro), passando di mano in mano sino a quando termina il suo "primo" giro in una sepoltura, e ancora nuovamente quando, oltre 1800 anni dopo, viene ritrovato dagli archeologi e "rimesso in gioco" (se vogliamo usare questo termine).
In questo modo il nostro Alberto Angela spazia attraverso le varie province dell'Impero, da quelle più barbariche del centro-nord Europa, sino a quelle mediorientali, e giungendo addirittura in India, terra con cui si intrattenevano rapporti commerciali.

Lungo la strada scopriamo vari aspetti del costume, della tecnologia, della società e delle usanze romane, e ci rendiamo spesso conto - spinti anche dalle continue sottolineature al riguardo dell'autore - di quanto la civiltà imperiale romana fosse davvero molto simile alla nostra attuale. In realtà questo è anche un po' preoccupante come pensiero, perché se Roma nel 476 è caduta probabilmente non è stata solo colpa dei barbari... non nascondo che durante la lettura ho pensato spesso che magari anche la nostra società (dati tutti questi parallelismi) prima o poi conoscerà lo stesso destino...