giovedì 21 febbraio 2013

meme libri 2012

Utilizzo la traccia del "meme" per fare un bilancio delle mie letture nel 2012, come ho fatto normalmente negli ultimi due anni (stavo per dimenticarmene, ormai è quasi la fine di febbraio). Per fortuna Anobii (con alti e bassi) continua a resistere, e con lui è facile fare i conti. Grazie agli ebook e alla corposa auto-riduzione degli acquisti che ho deciso di effettuare in seguito alla legge Levi, le mie visite in libreria sono notevolmente calate rispetto ai miei bulimici ultimi anni, dove compravo-compravo a spron battuto e non riuscivo mai a leggere tutto ciò che avevo sugli scaffali.
Sul versante letture, per me questo è stato l'anno di George R. Martin, e delle sue Cronache del Ghiaccio e del Fuoco :-)

Quanti libri hai letto nel 2012?
84

Quanti erano fiction e quanti no?
Circa una sessantina. Il resto sono titoli di storia, saggistica o libri di viaggio.

Quanti scrittori e quante scrittrici?
Più o meno 31 scrittrici e 20 scrittori.

Il miglior libro letto?
Mi limito a indicare quelli a cui su Anobii ho dato 5 palline, vale a dire "Impero" di Alberto Angela, "I fiumi della guerra" e "La regina dei draghi" - rappresentativi delle Cronache di George R.Martin, e "Proposta indecente" di Emma Wildes.

E il più brutto?
"In città zero gradi" di Glattauer mi è servito a farmi mettere definitivamente una pietra sopra a questo autore, nonostante in passato mi fosse piaciuto moltissimo il carteggio di "Le ho mai raccontato il vento del Nord". Peccato che sia stato l'unico suo libro che ho apprezzato. Dopo di quello basta! Molto deludente anche "Le ultime luci del mattino" di Fabio Volo.

Quale il libro col titolo più lungo?
"Grom. Storia di un'amicizia, qualche gelato e molti fiori"

E quello col titolo più corto?
"Caino" di Saramago

Quanti libri hai riletto?
"I segreti di Londra" di Augias, prima di un weekend lungo in quella città.

I libri più letti dello stesso autore quest'anno?
Quest'anno sicuramente George R.R.Martin, senza rivali.

Quanti libri scritti da autori italiani?
21

E quanti dei libri letti sono stati presi in biblioteca?
Solo uno.

Dei libri letti quanti erano ebook?
La maggioranza: 56

i cuscinetti del cane

Intorno a Natale mi sono accorta che la mia cagnona continuava a morsicarsi la zampa posteriore destra, e, controllandola bene, ho notato che aveva una ferita a un polpastrello. Non so come se la fosse procurata, ma buona parte del cuscinetto (quello nero) era andato, e nel corso dei giorni se l'era evidentemente morsicato lei stessa allargando la ferita e peggiorando la situazione.

Premetto che la pelosona in questione non è una paziente facile, nel senso che è proprio un cane "stronzo", e mette in atto ogni mezzo pur di non farsi né vedere né toccare la zampa (soprattutto quando capisce che voglio guardarla per medicarla),e soprattutto continuava a morsicarsela e stuzzicarsela da sola.
Con estrema difficoltà ho cominciato a metterle la pomata. Ho iniziato con il Cicatrene, ma è servito a poco (d'altronde anche quando lo uso per me non fa nulla...); ho provato con il Gentalyn Beta, ma continuavo a non vedere progressi. Allora ho optato per il Fitostimoline (sempre in pomata). Il veterinario mi ha confermato che poteva andare bene (il Gentalyn invece, a base di cortisone, secondo lui rallentava il processo di guarigione), e che la cosa importante era soprattutto tenere la ferita pulita e fasciata.

Per oltre un mese e mezzo, quindi, ho provveduto a fare una medicazione quotidiana (all'inizio sia al mattino sia alla sera, poi mi sono limitata alla sera), disinfettando (con clorexidina, oppure acqua ossigenata), mettendo la pomata, stendendo una garza e poi infilando alla bestiona una vecchia calza (tagliata e ricucita in punta), e incerottandola con del nastro da carrozziere (facilmente rimovibile da me, e un po' meno dai denti della bestiaccia). Ovviamente il tutto dopo averle infilato la museruola, e con l'assistenza di mia madre che le teneva il muso fermo e la carezzava, mentre io facevo l'applicazione... E ogni volta che bisognava farla uscire per fare i suoi bisogni, si avviluppava tutta la zampa in un sacchetto di quelli da congelatore, con un giro ulteriore di scotch, dato che fuori era spesso bagnato, ghiacciato o con la neve.

Una volta infilato 'sto benedetto calzino, c'era il problema di evitare che si mordesse e tentasse di tirarlo per toglierlo. Ho comprato il collare elisabettiano, ma non se l'è assolutamente lasciato mettere, tanto che l'ho dovuto riportare al negozio (e poi comunque, era fatto di plastica talmente dura e tagliente che secondo me si sarebbe procurata ancora più danni con quell'arnese attorno al collo). Per cui siamo andati avanti un mese e mezzo a tenere gli occhi puntati addosso alla pelosona e a cazziarla non appena si morsicchiava: un calvario! Naturalmente durante la notte si toglieva la calza e addio medicazione...
Abbiamo dovuto avere una pazienza infinita, ma finalmente adesso il problema dovrebbe essere risolto. E' da una decina di giorni ormai che non le metto più niente sulla zampa, e la ferita mi sembra completamente chiusa (anche se continuo a sgridarla ogni volta che sembra volersela mordere - non vorrei dover mandare all'aria un mese e mezzo di lavoro per la disattenzione di un attimo...).

p.s. Cercando sul web, nelle scorse settimane ho visto muffole/stivaletti/calzini per cani, impermeabili e non, dal costo esorbitante. Un po' come quelli che si fanno indossare ai cani da slitta per proteggere le loro zampe dal ghiaccio. Mi chiedo se tutti i cani accettino con tranquillità di farseli mettere, e se soltanto il mio è un bastian contrario, che preferirebbe farsi pelare piuttosto che infilare una di quelle protezioni.

lunedì 11 febbraio 2013

eredità

È il novembre del 1918, e il mondo di Rosa Tiefenthaler Rizzolli è andato in frantumi. L’Impero austroungarico in cui è nata e vissuta non esiste più: con poche righe su un Trattato di pace la sua terra, il Sudtirolo, è passata all’Italia. "Il nostro cuore e la nostra mente rimarranno tedeschi in eterno", scrive Rosa sul suo diario. Colta e libera per il suo tempo, lo tiene da quasi vent’anni, dal giorno del suo matrimonio con l’amato Jakob. Mai avrebbe pensato di riversare nelle sue pagine una così brutale lacerazione. Ne seguiranno molte altre. In pochi anni l’avvento del fascismo cambia il suo destino. Cominciano le persecuzioni per lei e per la sua famiglia, colpevoli di voler difendere la loro lingua e la loro identità: saranno arrestati, incarcerati, mandati al confino. E Rosa assiste impotente al naufragio di tutte le sue certezze. Intorno a lei, troppi si lasciano sedurre da un sogno pericoloso che si sta affacciando sulla scena europea: quello della Germania nazista. Non potrà impedire che Hella, la figlia minore, sia presa nel vortice dell’ideologia fatale di Hitler. E presto dovrà affrontare la scelta impossibile tra l’oppressione e l’esilio. Nata austriaca, vissuta sotto l’Italia, morta all’ombra del Reich, Rosa è il simbolo dei tormenti di una terra di confine.
Su quella frontiera è cresciuta Lilli Gruber, sua bisnipote, che oggi attinge alle parole del suo diario. E racconta una pagina di storia personale e collettiva in questo libro appassionato, teso sul filo del ricordo, illuminato da una felice vena narrativa.

Questo è un libro che è servito a farmi vedere con occhi diversi la situazione degli abitanti dell'Alto Adige (o, come direbbero loro stessi, Sud Tirolo). Purtroppo io non ho una conoscenza diretta né dei luoghi né delle persone. Per me - come suppongo per la maggior parte degli italiani - gli altoatesini erano degli italiani che godono di molte agevolazioni grazie allo statuto speciale della loro provincia e della loro regione, e che parlano l'italiano con un forte accento tedesco (si sente lontano un miglio che per loro è una seconda lingua): italiani un po' sui generis, insomma, nonostante le agevolazioni economiche che lo stato italiano riserva loro... e questo è uno degli aspetti che esternamente, non conoscendo nel merito la questione, risaltano di più - ci si chiede "perché loro sì, e tutti gli altri no?" Non sono certo gli unici a vivere in un territorio di frontiera, a cavallo fra due lingue e due culture... penso ad esempio alla cultura occitana e a quella francoprovenzale, nella quale affondano alcune delle mie, di radici, e che conosco un po' meglio: per loro le tutele - nate solo negli ultimi anni - si fermano al patrimonio linguistico, certo non coinvolgono aspetti fiscali ed economici come in Trentino.

L'argomento è spinoso e molto difficile. Lo è conoscendolo, e ancor di più se lo si è a malapena intravisto. Questo libro comunque rappresenta una buona introduzione storica, e ci racconta la fine della prima guerra mondiale, vista da chi viveva nella zona dell'Alto Adige e si sentiva a tutti gli effetti tedesco, sino ad arrivare alla forzata italianizzazione nel dopoguerra, sotto un regime fascista sempre più invadente.
La Gruber fonde la narrazione della Storia con la s maiuscola con quella della sua famiglia, soprattutto tramite i diari della sua bisnonna Rosa. Alcune situazioni vengono ricostruite e romanzate, per forza di cose, ma appaiono reali e plausibili.

L'unico appunto che ti muovo, cara Lilli, è perché non hai aggiunto due striminzite paginette di epilogo nel quale ci raccontavi cosa è successo al tuo bisnonno e alle sorelle Rizzolli dopo la morte di Rosa? Soprattutto a Hella, di cui ci hai particolarmente raccontato, e di cui hai sempre lasciato intendere che fosse morta giovane. Nei ringraziamenti nomini un suo figlio. Ecco, noi lettori ci aspettavamo di saperne qualcosa in più, fossero anche state soltanto poche righe; ci hai lasciato con una "eredità incompiuta"...

lunedì 4 febbraio 2013

edenbrooke

Julianne Davidson, Edenbrooke

Per prima cosa, la dicitura riportata in copertina - "a proper romance" - mi fa sorridere. Non perché non sia vera, ma perché in qualche modo l'editore (o l'autrice) hanno voluto sottolineare la diversità di questo romanzo rispetto a quelli che vanno per la maggiore negli ultimi tempi, prima e dopo le varie sfumature. La cosa più spinta di cui si legge in Edenbrooke è infatti un semplice bacio, a fine libro, ma nonostante questo - o, per meglio dire, indipendentemente da questo - il libro mi è piaciuto molto e mi ha avvolta nella sua lettura durante il weekend.

La storia è ambientata nell'Inghilterra di inizio 1800 (o almeno, lo supponiamo, perché l'autrice in questo non è molto precisa e non lascia alcun indizio).
Dopo la morte della madre, la diciassettenne Marianne Daventry si trova confinata a Bath presso la nonna, separata sia dalla sorella Cecily, che sta passando la stagione a Londra presso una cugina, sia dal padre ,che è partito per la Francia oltre un anno prima, lasciando le figlie presso parenti. Quando Cecily le manda un invito per raggiungerla presso la tenuta di Edenbrooke, dove anche lei sarà ospite, Marianne è al settimo cielo. Potrà finalmente lasciare la noia di Bath e di un fastidioso ammiratore, rilassarsi e godersi la campagna, che lei ama e che le è sempre mancata tanto nell'ultimo anno (da quando ha lasciato la sua casa).
Ma la sfortuna (o forse la fortuna, chissà, visto come andranno poi le cose...) vuole che prima di arrivare a Edenbrooke la carrozza di Marianne venga assalita da un brigante, che le porta via un medaglione e ferisce il suo cocchiere. La ragazza e la sua cameriera non si perdono d'animo e riescono a raggiungere una locanda nelle vicinanze, dove Marianne incontra il misterioso (e affascinante) Philip. Il giovane le aiuta, ma il mattino successivo è sparito. Grande sarà la sorpresa di Marianne nel ritrovarlo il giorno dopo a Edenbrooke, e nello scoprire che è uno dei componenti della famiglia...
E da questo momento Marianne si trova al centro di avventure, segreti e sentimenti non confessati.

Questo libro assomiglia molto al genere in voga qualche decennio fa - Georgette Heyer, Sylvia Thorpe, Constance Heaven, Barbara Cartland, tanto per fare i nomi di qualche autrice pubblicata anche in Italia - a quei titoli in cui si fondevano bene avventura e romance, senza esagerare in nessun senso. Quei libri che tante di noi hanno letto da ragazzine, ma che anche riletti da adulte ci piacciono sempre molto e mantengono la loro validità, dove ci sono gentiluomini e giovani lady intraprendenti e coraggiose, libertini e briganti di strada.
Ho letto Edenbrooke in due giorni, segno che mi ha coinvolta ed appassionata.
Marianne e Philip sono due bei personaggi: lei intelligente, spiritosa e piuttosto inconsapevole del proprio valore; lui un gentiluomo corretto, coraggioso e spudoratamente affascinante. La relazione fra Marianne e Philip è carica di tensione, e quello che Marianne non riesce a vedere sino alla fine del libro risalta chiaramente agli occhi del lettore già dal principio; non c'è stato nulla che non avessi già immaginato e sospettato capitoli prima :-) però la storia mi ha intrappolata lo stesso. La parte in cui Philip insegna a Marianne come scrivere una lettera d'amore è da antologia, bellissima!

Grazie a Francy che mi ha consigliato questa lettura!