giovedì 24 marzo 2016

da poussin agli impressionisti

Da Poussin agli Impressionisti. Tre secoli di pittura francese dall'Ermitage
Torino, Palazzo Madama
11 marzo - 4 luglio 2016

Dopo infiniti rinvii di data, si è finalmente aperta a Palazzo Madama una grande mostra dedicata alla storia dell’arte francese. Capolavori straordinari che rispecchiano l’evolversi del gusto artistico in Russia e la passione per l’arte francese, e al contempo testimoniano l’amore per l’Italia di molti dei pittori in mostra.
Una selezione di oltre 70 opere dalle collezioni del prestigioso Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo (la cui collezione di pittura francese conta oltre duemila dipinti, la più vasta raccolta al di fuori della Francia) per una mostra che illustra la storia della pittura francese dal 1600 alla fine dell’Ottocento, dall’avvento delle accademie fino alla nuova libertà della pittura en plein air proposta dagli impressionisti.

L’esposizione intreccia tutti i grandi temi della pittura moderna – dai soggetti sacri a quelli mitologici, dalla natura morta al ritratto, dal paesaggio alla scena di genere – e delinea la storia della fortuna dell’arte francese in Russia: le ragioni storiche e culturali del successo di alcuni generi accademici, rispetto all’impegno sociale delle correnti realiste; il gusto raffinato di Caterina II che nel 1772 si aggiudicò gran parte dei dipinti raccolti a Parigi dal celebre amateur francese Pierre Crozat negli anni a cavallo tra il Sei e il Settecento; gli acquisti alla moda dei ricchi aristocratici russi nell’Ottocento, le riorganizzazioni dei musei nel Novecento in seguito alla Rivoluzione d’Ottobre.

Il percorso in mostra, articolato in 12 sezioni per un totale di circa 50 artisti, si apre con le influenze caravaggesche di Simon Vouet, prosegue attraverso il destino dei grandi maestri del classicismo, da Philippe de Champaigne ai sommi Poussin e Lorrain; attraversa la nuova libertà della pittura di Watteau, Boucher e Fragonard, per approdare al ritorno all’antico di Greuze e alla poesia venata di Romanticismo di Vernet e Hubert Robert; il neoclassicismo di Ingres si intreccia al nuovo sentimento del paesaggio che si affaccia con Croot e all’affermazione dell’Impressionismo con Renoir, Sisley, Monet, Pissarro, fino all’apertura verso le avanguardie moderne con Cézanne e Matisse.

lunedì 21 marzo 2016

l'abbazia della novalesa

L'abbazia della Novalesa si trova in una bellissima posizione nella conca naturale della Val Cenischia, una ramificazione della Valle di Susa che porta al colle del Moncenisio, importante punto di passaggio obbligato fra Italia e Francia nei secoli passati.
L'abbazia venne fondata nel 726, in una posizione strategica, su una delle rotte principali dei pellegrini che dalla Francia e dall'Inghilterra si recavano in Italia. Questa data fa rientrare la Novalesa fra i monasteri più antichi d'Europa. Anche l'imperatore Carlo Magno vi passò e vi fece tappa.



L'attività dei monaci benedettini era fondamentale per dare assistenza ai viandanti e ai pellegrini in transito, e al tempo stesso serviva per trasmettere cultura, poiché la comunità dei monaci trascriveva codici. Ai tempi infatti, la biblioteca della Novalesa era una fra le più ricche d'Europa (citata anche da Eco ne "Il nome della rosa"). Questi primi secoli di vita furono i più fiorenti per l'abbazia. Purtroppo intorno all'anno Mille la Novalesa venne gravemente saccheggiata dai Saraceni, che la misero a ferro e fuoco. I monaci fuggirono per salvarsi, e anche se successivamente vi fecero ritorno, l'abbazia nei secoli successivi non tornò più agli antichi splendori.

A metà dell'Ottocento la legge Siccardi abolì tutti i monasteri: da allora e per oltre un secolo l'edificio dell'abbazia divenne prima un albergo, poi la dependance estiva di un collegio torinese.
Nel 1972 la Provincia di Torino acquistò il complesso, lo restaurò e lo affidò a una nuova comunità di monaci benedettini provenienti dal Veneto. Da allora rivivono le atmosfere di spiritualità e lavoro tipiche dei monaci. Oggi nell'abbazia ha sede un importante centro di restauro di libri antichi, e negli ultimi anni è stato allestito anche un museo archeologico.

Il complesso dell'abbazia è composto dalla chiesa principale, un chiostro e altri locali collegati, e da quattro piccole e semplici cappelle nei terreni circostanti. Uno degli aspetti che sorprendono di più i visitatori (sì, perché il posto si può visitare: ci sono anche visite guidate che sono quelle che consiglio) è il ciclo di affreschi che si trovano ormai soltanto nella cappella di Sant'Eldrado. Sono stati fatti circa mille anni fa, ma sono ancora oggi in buonissimo stato di conservazione, e dotati di una brillantezza di colori incredibile, data la loro età.



Io conservo un particolare ricordo infantile legato a un'altra cappella, quella di San Salvatore, più spoglia e spartana, perché quando ero piccola, durante l'estate andavo spesso lì coi miei alla messa della domenica pomeriggio: era forse l'unico posto che avevo visto (fino ad allora) dove usavano l'incenso durante la liturgia, e visto che l'ambiente era molto piccolo, l'odore pervadeva intensamente tutto lo spazio.
Da allora, e ancora oggi, io associo sempre il profumo dell'incenso all'immagine di quella cappella medievale, dagli spogli e spessi muri di pietra.


venerdì 11 marzo 2016

meme libri 2015

Ogni anno si fa più grande il ritardo con cui arrivo a postare questo breve riepilogo delle mie letture nell'anno precedente. E per fortuna esiste Goodreads, altrimenti sarei persa...

Quanti libri hai letto nel 2015?
Affidandomi all'ormai indispensabile Goodreads, rilevo che sono 71. Esattamente come l'anno precedente.

Quanti erano fiction e quanti no?
La fiction prevale: circa 63 titoli.

Il miglior libro letto?
Due libri della Gabaldon, legati alla serie  Outlander: l'ultimo uscito "Written in my own heart's lood" e "The Scottish prisoner". Ho trovato piuttosto avvincente anche "Pleasured" di Candace Camp: bei personaggi.

E il più brutto?
Mi sono pentita di aver acquistato "Il canto del deserto" di Alice Vieri Castellano (che invece avevo tanto apprezzato in un paio di suoi titoli precedenti): stavolta sono stati soldi che potevo risparmiarmi. Poi un altro libro in cui mi sono imbattuta, e che ho trovato molto scialbo, è stato "Il castello di Edimburgo" di Caroline Barnes.

Quanti libri hai riletto?
Ho riletto "La mummia" di Anne Rice, e "Innocenza e seduzione" di Anne Stuart.

I libri più letti dello stesso autore quest'anno?
Diana Gabaldon, Anne Stuart, Mary Jo Putney, Mary Balogh, Lisa Kleypas, Lucinda Brant.

Quanti libri scritti da autori italiani?
8.

E quanti dei libri letti sono stati presi in biblioteca?
Nessuno.

Dei libri letti quanti erano ebook?
Faccio prima a dire quanti erano libri "tradizionali": 17. Invece tutti gli altri in formato e-book.

Il libro più vecchio che hai letto?
Forse "La svastica sul sole" di Philip K. Dick

Quale il libro col titolo più lungo?
"Métronome : l'histoire de France au rythme du métro parisien" di Lorant Deutsch.

E quello col titolo più corto?
"Tempesta" di Lilli Gruber.

giovedì 10 marzo 2016

la santa degli zingari


C'è una cittadina della Camargue nella quale si respira un'atmosfera decisamente particolare, molto poco francese e invece tanto andalusa.
Si tratta di Saintes-Maries-de-la-Mer, dove ci si imbatte, invece che in lavanda e saponette, in trofei di teste di toro appese nei bar e pittoreschi stivaloni in cuoio esposti sulle bancarelle del mercato.
Il paese prende il nome dalla tradizione secondo cui Maria Jacoba, cugina della Madonna, e Maria Salomé giunsero su un'imbarcazione senza vela né timone (insieme ad altri personaggi illustri in fuga dalla Palestina, fra cui san Lazzaro, la Maria Maddalena, Santa Marta e San Giacomo) su una spiaggia nelle vicinanze.


Le due Marie in questione erano accompagnate dalla loro serva Sara, di pelle scura, e restarono a vivere nei pressi del luogo del loro sbarco. Da qui partì l'evangelizzazione della Gallia. Come potete notare, "Il codice da Vinci" riprende una leggenda ben nota: Dan Brown non ha inventato nulla di originale.

Il villaggio è conosciuto soprattutto per il pellegrinaggio degli zingari (les Gitans), che accorrono ogni anno da tutta Europa in occasione della festa di Santa Sara, la Santa degli zingari, che per l'appunto è la loro patrona.
I festeggiamenti si svolgono il 24 e il 25 maggio: durante il primo giorno la statua di Sara, coperta di gioielli e vestiti colorati, viene trasportata sin sulla spiaggia nel corso di una processione, per benedire le onde che la portarono sin lì. Gli zingari portano a spalle la loro santa e sono accompagnati dai Gardians camarguesi a cavallo. Il giorno successivo una seconda processione è invece dedicata alle due sante Marie, e termina sempre sulla spiaggia.


Le reliquie delle due Marie e di Sara sono conservate nell'Eglise des Saintes Maries, che si individua senza difficoltà perché la sua torre svetta massicciamente sui tetti rossi della cittadina. Anzi, la si vede già da distante, avvicinandosi al paese.
L'edificio è in pietra, in uno stile romanico senza fronzoli, tanto che più che una chiesa sembra quasi una fortezza (e in effetti è probabile che rivestì anche questo ruolo, perché quando venne costruita - intorno al IX secolo - i pirati saraceni imperversavano in queste zone, ed è quindi altamente probabile che la popolazione cercasse riparo nella chiesa durante le incursioni).


Il suo interno è sorprendente: totalmente in pietra, nudo e quasi grezzo, senza decorazioni, quasi una specie di cantina dalla volta altissima, dove forse in diversi punti le pietre avrebbero bisogno di qualche restauro. Quando ci ho messo piede ho immediatamente pensato che sarebbe stato un set perfetto per qualche scena di Pirati dei Caraibi...
Sotto l'altare è ben visibile una piccola scalinata, che porta alla piccola cripta sottostante. La cripta toglie davvero il respiro, in senso letterale: tanto è ampio e freddo l'interno di pietra della chiesa, tanto è ristretto, caldissimo e dalla volta bassa l'ambiente della cripta, pieno zeppo di candele accese e di persone che si recano a rendere omaggio alla santa.
Arrivando da fuori, per un attimo si fa davvero fatica ad abituarsi al caldo, poi tutto sommato si riesce a resistere il tempo di curiosare e fare qualche fotografia. Ciò che sorprende è la statua di Sara, letteralmente imbacuccata sotto strati e strati di vestiti coloratissimi, uno sull'altro, talmente spessi da nascondere la figura della statua stessa.

Noi abbiamo visitato la chiesa al principio di giugno, pochissimi giorni dopo lo svolgersi del pellegrinaggio degli zingari, e quindi nella cripta erano ancora freschi e ben presenti i ricordi della festa. Può darsi che in altri periodi dell'anno la statua sia meno ricca di decorazioni. In giro ci sono moltissimi ex-voto, fotografie e oggetti di chiara impronta gitana, lampade accese e violini appesi.
Risalendo gli scalini che portano alla navata superiore, si ritorna all'aria fresca e respirabile, e per un attimo si viene colpiti da una sensazione di quasi freddo, tanto dev'essere notevole l'escursione termica fra i due ambienti.